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TUTTA UNA VITA
(TOUTE UNE VIE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 gennaio 1975
 
di Claude Lelouch, Marthe Keller, André Dussollier, Charles Denner, Charles Gérard, Carla Gravina (Francia, 1974)
Lelouch ha filmato la sua opera più ambiziosa, più impegnativa da tutti i punti di vista (finanziario, innanzitutto): un uomo e una donna (sempre quelli…) si ritrovano alla fine dell'interminabile pellicola seduti uno a canto all'altro sui sedili di un jet per New York. TUTTA UNA VITA è allora il viaggio a ritroso, fino all'inizio del secolo, tre generazioni indietro, per ritrovare i fili del destino che uniranno i due del jet. In questo viaggio a ritroso, Lelouch ha cacciato tutto, proprio tutto: un numero talmente grande di cose che ci vorrebbero tra pagine di un giornale per parlarne.

Non è uno stupido, il regista francese, ed è un abile maneggiatore del mezzo cinematografico. I primi quindici minuti della pellicola sono un bell'esempio di retrospettiva in immagini, i suoi tentativi di fare del film una riflessione sul cinema sono commoventi, la sua attrice Martha Keller forse una scoperta. Ma la sua presunzione, la sua ambizione smisurata, fanno di questo film un prodotto abnorme, un fenomeno agghiacciante di consumismo cinematografico, un esempio (da vedere, per curiosità) di come il cinema, con il proprio potere ammaliatore di linguaggio totale, possa portare ai limiti estremi dell'orgia espressiva.

Agghiacciante, TUTTA UNA VITA lo è soprattutto come esempio di oggetto tipico della nostra epoca: le sue immagini, laccate alla perfezione, i suoi dialoghi, inimmaginabili teorie di giochetti di parole, di proverbietti rimasturbati intellettualisticamente, i suoi personaggi incredibili, le inesattezze delle situazioni e delle psicologie, la musica seducente, i movimenti inconsulti della macchina da presa, la presunzione di voler abbracciare tutto o quasi abbia marcato la nostra generazione, la volontà profetica (la sequenza finale, specie di Club Méditerranée avveneristico nel quale dovrebbero significarsi le generazioni future è uno dei momenti più risibili della storia del cinema) sembrano trapiantate di peso dall'ottica e dalla filosofia che ci circonda, quella di Vogue o di Paris Match, quella dei caroselli o del Reader's Digest.


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